UN’ AUTOTRADUZIONE INEDITA DI JAMES JOYCE by Dario Borso
La National Library of Ireland ha reso accessibili i materiali joyciani del lascito Jahnke, da anni bloccato alla Zurich James Joyce Foundation. Tra essi, un foglio dattiloscritto in copia carbone datato “1940 St. Gérand-le Puy” riporta la trascrizione dattiloscritta di Ecce puer, l’ultima poesia nota di Joyce composta a Parigi il 15 febbraio 1932, immediatamente dopo la nascita del nipotino Stephen. A fine dicembre dell’anno prima era morto il padre di Joyce, che preferì non tornare a Dublino per il funerale, pentendosene poi amaramente.
Con ogni probabilità la trascrizione avvenne ancora il 15 febbraio 1940, in occasione dell’ottavo compleanno di Stephen che nel paesino alverno abitava da tempo con i genitori. Joyce li aveva raggiunti da Parigi il giorno di Natale, temendo a ragione l’arrivo dei nazisti. A St. Gérand-le Puy vissero quasi un anno, per riparare a Zurigo dove Joyce morì quasi sessantenne il 13 gennaio 1941.
Il testo inglese del dattiloscritto 1940 presenta sei varianti rispetto alla versione originaria, riportata qui in corsivo fra parentesi quadre:
Of the dark past
A child is born. [;]
With joy and grief
My heart is torn.
Calm in his cradle
The living lies.
May love and mercy
Unclose his eyes!
[Young] New life is breathed
[On] Upon the glass: [;]
[The] A world that was not
Comes to pass.
A child is sleeping, [:]
An old man gone.
O, father forsaken,
Forgive your son!
Alla trascrizione, sullo stesso foglio Joyce fa seguire una versione in francese, e questa è la novità assoluta:
Du sombre passé
Un garçon naît.
Douleur et joie
Mon âme broient.
Calme en son lit
Le vivant gît.
Qu’à l’heur des cieux
S’éclosent ses yeux!
La vie, haleine,
Voile la glace:
Un monde, étoile,
Peine et passe.
Un enfant dort,
Un vieux est mort.
Père délaissé,
De moi pitié!
Ciò che risalta è il mutamento di rima nella resa delle quattro quartine: rigorosamente alternata in inglese, in francese lo è solo nella terza quartina e solo a metà, mentre le restanti tre sono a rima baciata.
Il mantenimento voluto della rima ha poi comportato qualche forzatura nel lessico, significativa in quanto di mano dell’autore, e quindi agevolante per il lettore oltreché per me traduttore:
Dal buio passato
è nato un bimbetto.
Gioia e dolore
mi straziano il petto.
Nella sua culla
calmo il vivente sta.
Che amore e pietà
gli schiudano gli occhi!
Nuova vita soffiando
appanna il vetro:
un mondo che non era
sta già mutando.
Un bimbo dorme,
un vecchio se n’è andato.
O padre abbandonato,
perdona il figlio tuo!
Come si vede, ho optato nella prima quartina per la rima alternata, e nelle altre tre per un’incrociata a metà, riguardante cioè due soli versi della quartina.
Quanto al contenuto o senso complessivo, si gioca tutto sull’asse nascita/morte, dove a impersonare la prima è il nipotino e la seconda il padre di James, che qui impersona la seconda generazione di quattro (quante cioè le quartine). I versi decisivi, i perni dell’asse sono il secondo e il penultimo, entrambi di derivazione evangelica: precisamente Mt 12, 18 e 27, 46, venuta di Gesù in terra e sua dipartita in croce.
Essendo l’occasione la nascita del nipote, coerentemente il titolo riflette il primo momento o perno, in quanto Joyce lo ricava dal versetto di Matteo, che nella Vulgata Clementina suona: Ecce puer meus, quem elegi, delectus meus.
* * *
La versione originale di Ecce puer, uscita sul settimanale newyorkese “New Republic” a fine novembre 1932, nel 1961 fu tradotta nell’edizione mondadoriana delle Poesie di Joyce da un Edoardo Sanguineti non particolarmente in vena: “Dal passato oscuro / un bimbo è nato; / da gioia e dolore / il mio cuore è spezzato. // In pace, nella sua culla, / il vivo giace. / L’amore e la pietà / Schiudano le sue luci! // Sul vetro è soffiata / la vita infantile; / il mondo che non era / viene a incarnarsi. // Un bimbo dorme: / un vecchio è mancato. / Perdona tuo figlio, /o padre abbandonato!”.
Ecce puer è composta in dimetri giambici, una soluzione parcamente adottata nella raccolta giovanile Chamber Music (1907) e assente nell’altra Pomes Penyeach (1927). Resa da Joyce in francese con tetrasillabi, Ecce puer nella mia versione mescola settenari e quinari.
La traduzione francese di Joyce in italiano suona letteralmente: “Dal buio passato / Nasce un maschio. / Dolore e gioia / schiacciano la mia anima. // Calmo nel suo letto / giace il vivente. / Che alla grazia dei cieli / si schiudano i suoi occhi! // La vita, fiato, / vela il vetro: / un mondo, stella, / pena e passa. // Un bimbo dorme, / un vecchio è morto. / Padre negletto, / pietà di me!”.
La Vulgata Clementina (1592) è stata sostituita dalla Chiesa cattolica nel 1979 con la Nova Vulgata (che ha servus al posto di puer, coerentemente a Is 42,1). Difficile che Joyce, al Belvedere College dai gesuiti non abbia cantato, da buon tenore qual era, l’antifona gregoriana di quel versetto. Strano invece che, tra le varie ipotesi di derivazione (dall’Ecce Homo di Nietzsche-Pilato al Puer di Virgilio), a mia conoscenza nessun studioso abbia avanzato la più logica ed evidente.